
Il tuono è maestoso,
ma è il fulmine che fa tutto il lavoro
“In teatro capita di lavorare con molte persone, anzi con molte personalità; ma lavorare con non è la stessa cosa di collaborare. Con Guido si collaborava. Alcuni scenografi firmano anche le luci delle loro produzioni ed è comprensibile, perché l’intervento della luce su una scenografia può esaltarne la forza o distruggerla. D’altra parte una scenografia esiste solo nel momento in cui viene illuminata. Per esaltarne la forza bisogna che chi realizza il disegno delle luci la capisca, capisca lo spazio che propone, i colori, i materiali di cui è fatta senza aspettarsi troppe spiegazioni dallo scenografo e questo con Guido accadeva sempre. C’è poi un altro aspetto che mi ha sempre confortato nelle nostre collaborazioni: la tenacia con cui affrontava la disorganizzazione (abbastanza frequente) dei teatri in cui ci siamo trovati, senza usarla come alibi per lavorare male e paradossalmente quasi sfruttandola per ottenere il risultato migliore, atteggiamento tipico di chi viene dalla cosiddetta gavetta e nel quale mi riconosco perfettamente”
[Maurizio Balò, scenografo]
Il lighting designer è responsabile della scenografia delle luci. In stretta collaborazione con il regista e anche con lo scenografo e, in caso di spettacoli musicali (come opera lirica o concerti) anche con il direttore d’orchestra, coro e musicisti, progetta gli effetti per creare un’atmosfera corrispondente alla drammaturgia dello spettacolo.
È un lavoro artistico e tecnico.
Il suo compito è sviluppare i sensi e le emozioni e, utilizzando l’arte della luce, immagina e propone la sua interpretazione in armonia con l’obiettivo del regista. In questo senso il lighting designer è un artista. Dopo aver preso dimestichezza con la drammaturgia, esaminato il progetto scenografico, i costumi e, in caso di musica, dopo aver ascoltato le prove con direttori d’orchestra e direttori del coro, propone un progetto e sceglie le tecniche utili a raggiungere l’obiettivo creativo.
Lo spazio di manovra del lighting designer può essere molto ampio. Infatti, due diversi progetti e sistemi d’illuminazione offriranno due diverse visioni dello spettacolo. Alcuni lighting designer scelgono di lavorare su ogni luce per riflettere sul significato di ogni momento; altri preferiscono usare la luce per far parlare direttamente emozioni e inconscio.
Nel campo della musica e dei concerti, il lighting designer immagina una scenografia per accompagnare le note, i musicisti, in un’estensione visiva della loro espressione fisica e sonora.
Guido Levi, definito “pittore delle luci” per la sua capacità di portare in palcoscenico colori intensi e sfumature, con una sensibilità tale da rendere ogni volta l’artificio naturale, ha svolto il mestiere da artigiano, è stato spesso mentore per i giovani ai quali non insegnava nessuna teoria: invitava a seguirlo nella pratica, come in una bottega rinascimentale, per rubare con gli occhi e imparare a conoscere “il buio che genera la luce”. Come del resto ha fatto lui agli esordi seguendo il suo maestro Salvatore Cafiero. Nei rari workshop cui Levi ha partecipato – non sono un insegnante sono sempre uno studente, amava ripetere – prediligeva gli incontri all’aperto per seguire la luce naturale, osservarla, farla propria per poi “tentare il miracolo” di farla rivivere sul palcoscenico. Diceva che il suo era un gioco, non un lavoro e come tutti i giochi deve essere giocato seriamente “come fanno i bambini”: così portava serietà e leggerezza nella squadra dei tecnici, collaborando con loro per favorire un’armonia di gruppo, essenziale a comprendere e realizzare il progetto e a trovare soluzioni condivise, anche in emergenza “perché dopo il debutto, nelle repliche ci sarete voi”, ricordava sempre alle sue squadre di lavoro.
Il ruolo di Guido Levi Lucifero non finiva con la realizzazione del progetto sulla carta: la sua presenza in teatro era costante dalle prime prove fino al debutto, perché bisogna tenere conto delle esigenze che di volta in volta si presentano alle quali il progetto deve far fronte anche con modifiche all’impronta.
“Uno spettacolo in teatro è diverso ogni sera: è vivo. Va bene la digitalizzazione, l’uso delle memorie, ma solo la mano umana sulla consolle può aggiustare, modellare all’istante. Perciò serve una totale concentrazione, ogni sera, anche se c’è un pc che ha tutto nel software”.
Con questo spirito verranno affrontati i progetti che germoglieranno da Guido Levi Lighting Lab per le nuove generazioni che aspirano a diventare lighting designer e tecnici delle luci.
LA LUCE DELLA NATURA, LA NATURA DELLA LUCE
“L’UNICA COSA CHE HO DA DIRE È CHE PER FARE LE LUCI IN TEATRO SERVE RECUPERARE I RITMI DELLA NATURA E LA LUCE DENTRO LA NATURA.
FINCHÉ NON SI FA QUESTO, NON SI CAPISCE CHE COSA VUOL DIRE FARE LA LUCE”
Guido Levi